Il Conero
Rompendo la tirannia di macchie
rigogliose, ripide pietraie si snodano
in un equivoco di sentieri;
ginestre e azalee dirupano,
orlando balconi d’avorio
già impervi al maestrale.
Ai piedi granitici del monte,
ove spiccano le rupi gemelle,
il mare di smeraldo si spegne
con uno sciabordio sommesso,
sbavando appena
in un’incessante sospirare d’onda.
Ma quando la tramontana folleggia,
aizzando all’aria stormi di foglie
e arruffando la chioma del Conero
con frustate rabbiose,
il mare si veste iracondo,
tuonando sulla scogliera travagliata
e frangendo in mille liquidi abbracci...
Sovente, è una furia effimera;
spogliandosi di nubi,
già la notte snuda sciabole di luna
sull’acque ormai acchetate,
- percorse ora solo da inquieti brividi -
e un’alba vigorosa
sveglia vele a fil di cielo
e accalca striduli gabbiani
ad incorniciare l’imponente sasso,
guardiano che l’onde vigila,
eterno silente.